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Il progetto Benessere Sonoro di Francesca Più e Paolo Farnedi ha l'intento di aprire il tuo cuore alle parole che nutrono, alla musica che culla e propaga il Sentire, tramite mantra originali e riflessioni emozionali.

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Ultimamente sta girando sui social un hashtag che sta diventando piuttosto famoso, che recita: #ThereIsNoPlanetB.

Non c’è un pianeta di riserva quindi, ma ci comportiamo come se ce l’avessimo: anzi, dai dati dell’Earth Overshoot Day, ovvero il “Giorno del Sovrasfruttamento delle risorse Terrestri” (un report annuale che calcola, a livello globale e nazionale, la data esatta in cui vengono esaurite completamente le risorse di un anno che il pianeta è in grado di rigenerare naturalmente), risulta che nel 2020 l’Italia ha consumato tutte le risorse planetarie il 14 maggio.

AkelAmadahy - Manifestazione Ambientalista - Pianeta Terra

Quindi, se tutto il mondo adottasse lo stile di vita italiano, sarebbero necessarie le risorse naturali di quasi 3 Terre.

Stiamo continuando a creare un debito ambientale cronico, consumando anticipatamente le risorse del futuro.
E non è affatto un problema del Pianeta, ma della nostra specie.

Spesso, quando ci approcciamo alla Natura ci poniamo – seppure in buona fede e con le migliori intenzioni – con un atteggiamento di superiorità nei suoi confronti: siamo abituati a vederla come un’entità bisognosa della salvaguardia, manutenzione e protezione dell’essere umano.

Però, chi la natura la conosce, sa perfettamente che è in grado di cavarsela egregiamente da sola, anzi.

L’uomo innaturale

Basta che l’uomo si assenti qualche decina d’anni da un territorio precedentemente civilizzato, per far sì che quel luogo si trasformi in un bosco, o in una foresta… o meglio, quel luogo, senza il nostro sfruttamento, ritorna un bosco, o una foresta.

Ne è un esempio Chernobyl, città abbandonata dopo la catastrofe nucleare del 1986, è ora un’oasi naturale con un altissimo tasso di biodiversità.

Credere che il pianeta sia debole e morente è una forma di pensiero antropocentrica che di certo non corrisponde alla realtà dei fatti: come già capitato in passato in diverse ere geologiche, quando il pianeta giunge ad un punto critico semplicemente si “scrolla di dosso” ciò che attacca il suo disequilibrio, ritrovando dinamica e ciclica armonia.

Ed in questa epoca storica, chi attacca il disequilibrio mondiale è proprio l’umanità.

AkelAmadahy - Non c'è un pianeta di riserva - Cascata

Non ci rendiamo conto del danno irreparabile che stiamo arrecando all’armonia naturale, soprattutto perché la Terra ha ben altre tempistiche rispetto alle nostre: per noi è persino complesso intuire la dilatazione temporale di mezzo secolo, come potremmo concepire meccanismi e ritmi vitali di qualcosa che vive da 4 miliardi e mezzo di anni?

Inoltre, con il ritmo frenetico della vita attuale, l’abitudine all’usa e getta e lo sviluppo tecnologico, abbiamo interiorizzato un concetto di tempo surreale: da una parte avvertiamo come obsoleto un prodotto uscito pochi mesi fa, o un fatto accaduto da poche settimane ci appare già come un passato remoto; al contempo percepiamo il futuro imminente come distante ed impalpabile.

L’illusione della stasi

Siamo abituati a pronosticare o a fare previsioni di quanto potrebbe succedere, calcolando il futuro in base a ciò che noi pensiamo possa essere un andamento plausibile… senza fare i conti con l’imprevedibilità di qualcosa che non siamo in grado di concepire, ed è incalcolabile anche per i computer più potenti del mondo.

Possiamo prevedere avvenimenti in relazione a fatti già successi, ma come possiamo percepire ciò che ancora non è accaduto o che non siamo in grado di correlare al passato, ed ancor meno di immaginare?

Facciamo un esempio estremo: il terremoto più forte mai registrato è accaduto il 22 maggio 1960 a Valdivia, in Cile, con una magnitudo di 9.5, ed ha sicuramente spodestato quello che si considerava il più potente sino al giorno prima.

In molti aspetti della nostra vita ragioniamo in modo assai simile: siamo convinti che le cose andranno così come le abbiamo sempre vissute, adottando un atteggiamento pigro ed intorpidito, evitando di apportare cambiamenti nei nostri pensieri e nella nostra quotidianità… fino al momento in cui accade qualcosa di imprevedibile ed inconcepibile, immenso e catastrofico come un terremoto.

Pandemie e ambiente

In questi mesi ne abbiamo avuto una prova tangibile: chi avrebbe potuto immaginare ciò che è successo in tutto il mondo, e che questo avvenimento potesse coinvolgerci tutti in modo pragmatico, sin dentro le nostre case?

Ad essere precisi, per tantissimi ricercatori e scienziati di fama mondiale non è stata affatto una sorpresa: da oramai diversi anni avvertono che cataclismi e pandemie sono diretta conseguenza del nostro massacro ambientale, della deforestazione, degli allevamenti intensivi, dell’inquinamento atmosferico, del consumismo sfrenato: è, di fatto, il riequilibrio planetario verso i nostri abusi, e siamo solo all’inizio della sua manifestazione.

Ma non possiamo concepire il futuro che deriva dalle nostre azioni finché non riusciamo a comprendere realmente ciò che stiamo facendo nel presente, ed abbiamo fatto nel passato.

Il bombardamento mediatico e sociale dato dalla distrazione del consumismo di massa, la comunicazione politica e giornalistica che relega all’ambiente un posizionamento di serie C (avvolto da un velo di romanticismo), l’ambientalista visto dai più come un “hippie” simpatico, stravagante e sognatore… sono fattori che fanno parte della nostra cultura, e ci allontanano dalla realtà delle cose con una oramai collaudata dissonanza cognitiva.

Rinunciare a qualcosa di dannoso… è davvero una rinuncia?

Il bias ha così terreno fertile: dato che nessuno “dall’alto” affronta l’emergenza ambientale come priorità assoluta, allora forse questa emergenza non esiste… e sì, è innegabile che l’inquinamento sia un problema, ma non è mai successo niente di che a riguardo!

Ma ci sono due punti principali che confutano questo bias cognitivo: spesso non siamo interessati alle notizie che narrano di ciò che accade oltre il nostro giardino, e la memoria che dovrebbe permettere di immagazzinare l’esperienza essenziale per sopravvivere, è dilaniata dalle distrazioni.

Ci sono luoghi, infatti, nei quali la devastazione ambientale e climatica è già palese e vissuta quotidianamente – ed in modo diretto – dai suoi abitanti: la differenza è che per noi – per ora – le conseguenze che subiamo sono indirette.

Ad esempio, in Italia sono sempre più numerose e resistenti le malattie derivate dall’inquinamento industriale, correlato a deforestazioni, avvelenamento atmosferico e contaminazione delle falde acquifere (tutti disastri derivati in maggior parte da allevamenti intensivi e da relative colture intensive, quasi sempre atte a diventare mangime per gli animali da allevamento).

Non vedendo subito gli effetti “materiali” innegabilmente correlati al riscaldamento globale ed allo sfruttamento ambientale come in altri paesi (carestie, incendi, inondazioni, scioglimento dei ghiacciai, cedimenti e smottamenti del terreno), siamo propensi a trattare l’argomento con sarcasmo o sufficienza, a non collegare i due fattori, e ad essere quindi restii a qualsiasi cambiamento in merito.

Ricordiamo con molta facilità ciò che implica un tornaconto immediato, ricordiamo molto meno ciò che comporta la nostra responsabilità, il rinunciare a qualcosa di dannoso, per noi e per il pianeta, per il bene comune e per la nostra salute, o il sacrificare qualcosa di tossico – che sia un oggetto, un comportamento, un cibo – da cui siamo dipendenti.

Naturalità responsabile

È complesso rinunciare alla normalità di comodo per dirigersi verso la naturalità responsabile, ma è qui che deve avvenire un cambio di paradigma: l’atteggiamento antropocentrico e tirannico con il quale siamo abituati a confrontarci con il resto del pianeta è assolutamente fuorviante rispetto al ruolo naturale – ed etico – della nostra intrinseca esistenza.

Siamo noi, in realtà, ad essere completamente dipendenti dal benessere della natura e quindi obbligati a rispettarla, se ci teniamo alla nostra sopravvivenza… proprio perché noi siamo una piccola parte della natura stessa.

Fintanto che non ci prenderemo cura delle nostre abitudini e di ciò che trasmettiamo al mondo, sarà come giocare ad una roulette russa contro il pianeta, sapendo già dal principio di perdere.

Ed è vero, avere a cuore il nostro benessere, insieme a quello del pianeta, potrebbe forse implicare delle rinunce a breve termine, ma dona vantaggi essenziali a lungo termine… come una vita in salute e serenità, ed un futuro per i nostri figli.

D’altronde è vero, per esempio, che se crollassero i consumi, il sistema economico affonderebbe con loro, ma è altrettanto vero che se i consumi non dovessero diminuire drasticamente, a crollare sarebbe il sistema ambientale e noi con lui, ed il tonfo sarebbe decisamente più fragoroso.

A quel punto, in un pianeta oramai per noi inospitale, avrebbe ancora senso parlare di ripresa economica?

Non c’è un pianeta di riserva, ma alla Terra non importa…

Ricordiamoci, più che altro, che non abbiamo un corpo di riserva, una famiglia di riserva, un partner di riserva, degli amici di riserva, una vita di riserva.

Pianeta - Albero

C’è più che mai bisogno di capovolgere il concetto di sacrificio, andando proprio a riscoprire l’etimologia di questa parola, purtroppo scissa, nell’uso comune, dal suo significato originario.

Sacrificio deriva dal latino sàcer \ sacro, e fàcere \ fare: il sacrificio è quindi l’atto di rendere sacri i nostri gesti, le nostre azioni, il nostro contributo al mondo.

Come può essere ignorato, denigrato e calpestato qualcosa di amorevole e necessario come scegliere di tutelare il proprio ed altrui benessere e rispettare la Natura da cui dipendiamo?

È necessaria una presa di responsabilità individuale e collettiva che bypassi il rumore di ciò che ci vuole consumatori compulsivi, eterni debitori ed osservatori distratti.
Dobbiamo ritrovarci con noi stessi e con l’altro, e rivalutare le priorità della nostra vita in una visione senza paraocchi.

Abbiamo bisogno di sacrificare ciò che inquina il cuore, il corpo ed il pianeta… trasmutando i nostri gesti di apparente rinuncia in sacri atti d’amore, verso di noi, verso ogni terrestre, e verso la nostra casa.


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